Il sistema vestimentario oggi riconosciuto come costume popolare della Sardegna rappresenta l’esito di un lungo processo di trasformazione e rifunzionalizzazione indumentaria che prende avvio nel XVI e si conclude alla fine del XIX secolo.
L’Ottocento produce una documentazione testuale e iconografica di straordinaria ampiezza e varietà che comprende anche il vestire tradizionale.
Questa letteratura formalizza e rende finalmente visibile il catalogo delle articolazioni dell’abbigliamento utilizzato dalla gran parte della popolazione dell’Isola e, nel contempo ne sancisce la fine come vestire d’uso; sicché è una sorta d’inventario prae morte che viene fuori dal mare magnum di studi ponderosi, relazioni, diari, reportages, memorie, che inviati governativi, letterati, militari o viaggiatori un po’ fuori rotta dal Grand Tour, al termine del loro soggiorno, danno alle stampe a Torino, Milano, Parigi, Londra, Lipsia e altre città europee. Quest’ampia letteratura sui modi e le tipologie del vestire tradizionale sardo, privilegiarono le “tappe” consuete dell’itinerario sardo, escludendo, almeno allo stato attuale del riscontro delle fonti, per usare le denominazioni di derivazione giudicale, le microregioni a sud del Monte Arci (Marmilla, Parte Montis e Parte Usellus, dove su quest’ultima, appunto, ricade Ollasta). Venendo meno il riscontro sulle fonti bibliografiche edite, rimaneva da esplorare, secondo le modalità dell’indagine demologia (Delitala), l’ampio e articolato fronte delle testimonianze orali e delle fonti iconografiche recenziori (fotografie).